5 maggio 2013

Diario post mortem

Un suicida inconsapevole

Un romanzo di assoluta crudezza (cinico?), ricco di poesia e richieste d'amore.
Un diario spietato e violento che riassume in poco più di centocinquanta pagine i pochi anni di vita della venticinquenne Dorotea e dei quattro anni seguenti la sua morte, avvenuta per taglio delle vene dei polsi nella sua vasca da bagno.
Un atto che pone fine a una vita tenebrosa, vissuta nella solitudine accanto a una mamma che la trascura, alcolista e sola pure lei, abbandonata da una delle due sorelle una mattina che si era allontanata per fare il bagno nel fiume dopo essersi riempita le tasche di sassi. 
Due esistenze borderline, che sembrano non trovare una via di fuga, una speranza, uno spiraglio di decente sopravvivenza nel loro delirio chiamato vita. 
Fino all'estremo gesto della giovane, che vede quell'atto come unica alternativa, unica scelta in grado di ristabilire l'ordine delle cose, un equilibrio che arriverà solo nell'ultima riga dell'ultima pagina.
Il suicidio dettato dal precoce esaurimento delle cellule che, in ognuno di noi, ci preservano dal farlo. 
Il diario dettagliato della decomposizione di un corpo sotto terra che ha come unico spettatore la sua anima.
Una vita post mortem che prende contatti con gli altri morti e con i vivi con i quali riesce a entrare in sintonia con trucchi quasi cinematografici.
Un romanzo truce e delirante in alcuni tratti ma che si rende soffice e gradevole alla lettura parlando d'amore, un'amore cinico, a volte sfuggente, passionale ma che alla fine ci mette tutti d'accordo.
Due sono le frasi che mi hanno colpito e teneramente turbato.
"Durante i baci, ci si scambia il cuore con la lingua", come si può contraddire una cosa così assolutamente vera.
"Il passato è un diamante che indossiamo ogni giorno. Ogni sua faccia è diversa ma ogni sua faccia recita l'ultimo istante di vita."
Questo è il secondo romanzo della catanese Viola Di Grado. 
Anche il primo, Settanta acrilico trenta lana, parla del suo difficile, amoroso e particolare rapporto con la madre dove arriva a un altro atto estremo pur di non vedersela portare via, pur di non veder mutata la strana anomalia che l'affligge.
Buona lettura a tutti
Luca
P.S. A metà romanzo mi sono ingenuamente domandato perchè usa il termine "restare" e non invece il più cattedratico e letterario "rimanere". 
La risposta ce l'ho, l'ho trovata ed è anche molto banale.

A presto amici

Cinque Magio Duemiladodici   

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