L'ultimo di Pennac
Ne stavo leggendo il risvolto della quarta di copertina, in una nota libreria versiliese, quando mia moglie avvicinandosi mi dice di lasciar perdere perchè la critica lo ha letteralmente stroncato. Tengo conto del consiglio - ma quando mai lei legge le critiche dei libri prima di averli letti? - e rimetto nella pila questo romanzo dalla copertina accattivante. Due giorni dopo me lo ritrovo impacchettato e infiocchettato a dovere come regalo per il mio esimo compleanno.
Ho sempre avuto un'ottima impressione e stima di questo fantastico scrittore ed ancora mi tengo stretto i bei ricordi sulla "Fata carabina", "La prosivendola" etc etc.
Si tratta di un diario che un personaggio lascia in eredità e che viene consegnato da un notaio alla figlia esterefatta.
Ma non è un diario comune, un diario giornaliero che parla di amori e sentimenti, fatti e misfatti, tradimenti ed ossessioni. Parla invece della scoperta quotidiana dei segreti del nostro corpo e come questo corpo ci comunica i cambiamenti, le evoluzioni, le trasformazioni giorno dopo giorno, mese dopo mese ed anno dopo anno e che hanno l'enorme capacità di creare e trasformare le nostre emozioni. Il diario inizia con il protagonista dodicenne che, spinto dalla crudeltà e dall'egoismo della mamma che vede nel corpo del bimbo la trasposizione di suo marito malato e morente, in una agonia silenziosa e senza reazioni, non riesce più a guardarsi allo specchio disgiungendo irrimediabilmente il corpo dalla mente. E da qui ha inizio il suo meticoloso diario maschile in cui tutti possiamo rispecchiarci e confonderci in una assoluta mescolanza di ricordi e sentimenti.
Posso ricordare il "prendersi in mano la vita" e lo sconcertante "srotolarsi il calzino". Con assoluta precisione viene descritto il primo autoerotismo ed il suo vulcanico finale. Viene descritto anche un inusuale regalo di compleanno che gli scivola sotto le coperte in un freddo inverno parigino. Ci riconosciamo in molti quando parla del suo primo e vero innamoramento di una Mona che lo adorerà per tutta la vita, l'unica capace di una punteggiatura erotica particolare: " datemi questa virgola e ne farò un punto esclamativo."
Parla anche di omosessualità, ne parla molto francamente e da un punto di vista solamente maschile - ma è diverso da quello femminile? - con toni comprensivi e delicati da vero scrittore, letterato e persona seria.
Fino ad arrivare a descriverci i malesseri di una prostata che fa degli uomini dei balbuzienti della minzione.
Difficile non riscontrare il vecchio Malaussène - di professione capro espiatorio - dei primi anni letterari di Pennac, soprattutto quando ci descrive l'intervento di asportazione dei polipi nasali oppure quando ci descrive l'amico Tijo, le sue storie e le sue barzellette oppure quando ci descrive i dialoghi fra le sue parole ed i gesti interpretati di suo figlio Bruno.
Due passi mi sono appuntato, significativi per me, che mi hanno fatto riflettere non poco:
" Ma no, Petardo, se bisogna finire che sia a tutta velocità, nel punto più duro della salita. Cominciare piano piano, certo, riflettere bene all'inizio, va da sè, ma finire a tutta birra, senza risparmiarsi. In fondo si tratta del principio di accelerazione, noi non siamo dei proiettili a caduta morbida, siamo cannonate di coscienza, lanciate sulla china sempre più scoscesa della vita! Se poi le nostra quattro ossa seguono o non seguono, è affar loro!"
La seconda invece, come sempre nelle ultime due righe del romanzo:
"Adesso, mio piccolo Dodo, è ora di morire. Non aver paura, ti faccio vedere io come si fa."
E' quando leggo libri come questo che ringrazio di esistere certa letteratura americana sulle tonalità cromatiche. Così tutti possono capire e vedere la differenza.
Buona lettura
L'ho finito oggi. Pagina per pagina l'ho amato, mi sono soffermato sul mio corpo, a capire come lui ha reagito nei miei 22anni di vita. Meraviglioso.
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