30 novembre 2013

Un piacevole déjà vu



 
 

Un piacevole déjà vu

L'ultima fatica di Gianrico Carofiglio è una conferma a tutto tondo delle capacità letterarie di questo affermatissimo scrittore. 
La prima cosa che mi ha colpito è stata la doppia forma narrante: i capitoli sono infatti divisi e alternati in due diversi momenti storici. 
Nel primo il narrante descrive a noi lettori e allo stesso protagonista, uno scrittore in chiara difficoltà creativa, le sue azioni, i propri pensieri e le volontà del presente, cioè di quando la lettura di una notizia su un quotidiano lo costringe a prendere il treno che da Firenze lo riporta a Bari, sua terra natia. 
Dando del tu al protagonista, infatti, il narrante descrive al lettore, in maniera meticolosa e maniacale, ogni suo movimento.
Questi capitoli sono alternati però ad un secondo momento della sua vita: ai ricordi che questo scrittore rivive questa volta in prima persona. Sono ricordi d'infanzia, di adolescenza, ricordi scolastici e amicizie extra familiari. Rivive i primi amori, il primo bacio, le prime esperienze di giovane scapestrato. Ed è qui che mi fa rivivere i ricordi passati: l'occupazione della scuola, le musiche che ci assordavano e ci ubriacavano, i primi atti terroristici di cui sentivamo alla radio le gesta sgraziate  e inutili. Le corse col motorino, le prime scazzottate, i primi tentativi di renderci protagonisti di un mondo ingiusto e che avremmo voluto coraggiosamente cambiare. Potevamo farlo, forse.
Il protagonista, Enrico, vive il presente ripercorrendo le strade che aveva pestato in gioventù, ricordando per ogni via, negozio o piazza le avventure giovanili di ragazzo inferocito contro sè e contro tutti.
Le due rette, il presente e il passato vanno via via avvicinandosi verso il finale, forse atteso o solo sperato, che lascia in tutti noi lettori o forse solo al sottoscritto, un margine di ottimismo, di vitalità e di speranza. Anche la solitudine e la forzata condizione di single può esitare con pazienza verso un'esistenza di assoluta dignità.
Una frase, nelle prime pagine, mi ha colpito direttamente alla bocca dello stomaco e che l'autore usa per giustificare un suo precedente atteggiamento da struzzo nei confronti della fidanzata: "Hegel sostenne in modo categorico che i pianeti del sistema solare erano sei e non potevano essere più di sei. Quando seppe che anni prima un inglese aveva scoperto il settimo pianeta Urano reagì seccato con una frase diventata famosa: se i fatti contraddicono la teoria, tanto peggio per i fatti."

Buona lettura

Luca

Trenta Novembre Duemilatredici 














 

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