28 luglio 2012


La scrittrice

“Tutto è effimero, anche la bellezza. Solo ciò che risiede nel cuore resterà immutato in eterno”.
Richiusi il libro di scatto, lo appoggiai in cima alla pila di volumi tutti uguali e uscii dalla libreria.
Perchè mi era capitata proprio quella frase? Perchè avevo richiuso di scatto e me ne ero uscita dalla libreria? Perchè avevo avuto le conferme che cercavo. Semplice. E dopo quelle conferme la testa aveva cominciato a farsi leggera e come se non bastasse aveva iniziato pure a girare. Non riuscivoa capire se era per la paura oppure per l'emozione. Non era stato necessario continuare la lettura di quelle prime due righe del romanzo per due semplici motivi. Il primo semplice motivo era che quel romanzo lo avevo letto e riletto almeno un centinaio di volte per il secondo semplice motivo che lo avevo scritto io. Avevo bisogno di aria, avevo bisogno assoluto di uscire da quello stanzone sctracarico di libri ed allontanarmi il più possibile ed anche miolto velocemente da quell'odore di inchiostro misto a carta riciclata e stampata. Entrai in un Caffè del centro, molto rinomato per il suo stile ultramoderno, per la sua clientela fatta quasi esclusivamente di Vip e famoso anche per il suo servizio molto accurato. Mi sedetti ad un tavolino in fondo alla sala semivuota proprio accanto alla enorme vetrata che dava sul corso. Potevo vedere da quella posizione privilegiata sia tutti gli avventori dell'esercizio sia i passanti e i loro carichi emotivi. Dovevo ordinare un caffè e magari doppio. Quando arrivò la cameriera nella sua divisa personale ed impeccabile, color vinaccia, caratterizzata da un bordino bianco alla fine della gonna cortissima e dallo scollo vertiginoso, portato con sapiente disinvoltura, stavo armeggiando nella borsetta alla ricerca del cellulare. Alzai impercettibilmente la testa ma quel tanto che bastò per rendermi conto della straordinaria bellezza della ragazza che mi stava di fronte, ed una volta accortami della portata e della sensualità di quella indossatrice di curve, lentamente e maliziosamente le puntai lo sguardo e la fissai per almeno dieci secondi buoni gli occhi nel profondo. Riuscii ad arrivare direttamente nell'anima ed a capire nei restanti dieci secondi di ulteriore silenzio che io in quel Caffè avrei dovuto tornarci. Ed anche più spesso.
>Un caffè doppio in tazza grande, leggermente macchiato freddo con una spruzzatina di cacao amaro> ordinai mentre, in maniera quasi sfacciata, mi ero messa a controllare quel pendaglio d'oro che dal collo della cameriera si era adagiato proprio nella fessura fra le due tette della ragazza.
Una quarta abbondante, pensai. Fantastico.
> Sarò da lei in un attimo< disse a mezza voce la ragazza e condì il tutto con un sorriso smagliante, delicato e sincero prima di allontanarsi.
Ero stata sempre sensibile alla bellezza femminile, non lo avevo mai negato né agli altri né tantomeno a me stessa. Mi piacevano le donne, mi erano sempre piaciute le donne soprattutto se giovani, belle, bionde ed intelligenti. E a quella ragazza sembrava non mancare proprio niente. Non ero molto sicura sull'intelligenza, ma quello era un dettaglio che avrei potuto appurare in un secondo momento nel caso in cui fossi riuscita a dare continuità a questo mio effimero ma estremamente importante progetto. Avevo avuto un paio di rapporti eterosessuali nella mia vita ma non erano riusciti a farmi scattare una vera e propria scintilla, come invece era riuscita ad incendiarmi la bocca e le labbra di Stefania. L'avevo conosciuta all'Università di Pisa, mentre frequentava uno dei corsi di laurea in giurisprudenza e in un pausa pranzo nei giardini lungo l'arno era nata la nostra storia travolgente fatta di baci e carezze delicate. Stefania era dotata di un paio di labbra carnose, calde e sensibili e con l'aiuto della lingua che muoveva ad una velocità pazzescamente lenta, cercava, trovava e massaggiava con una delicatezza unica tutti i recettori sensoriali che trovava al suo passaggio e faceva scaldare e tremare il mio corpo in modo vertiginoso. Con lei ebbi il mio primo vero, autentico, fantastico orgasmo, proprio su quella panchina in un caldo pomeriggio primaverile sulle sponde dell'Arno. Mi scossi da quei pensieri fantastici e mi rimisi ad armeggiare nella borsetta ancora alla ricerca del cellulare.Dovevo provare a chiamare di nuovo “inchiostro”. Inchiostro è il mio editore. Lo chiamano da sempre così per via di quella macchia, color inchiostro che si ritrovava sul collo e che gli risaliva un po' vicino alla mandibola. Era stata sua l'idea editoriale. Era stata sua l'idea del titolo “ Il signor B. e l'affaire E.” ed era stata sua anche l'idea del nome dell'autrice del romanzo, Celebrata Denti.

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