3 settembre 2012

Sempre nell'attesa dell'incontro di Ottobre con questo nostro conterraneo scrittore, mi sono letto questo romanzo in una Domenica di pioggia.
Vuoi la scrittura agevole e scorrevole, vuoi la trama avvincente e curiosa, vuoi la pioggia che fuori dal tetto continuava a scendere imperterrita, l'ho iniziato la mattina e l'ho finito la sera dopo cena.
I protagonisti di questo romanzo sono due. Per lo scrittore è la "solitudine" a farla da padrone, mentre per il lettore è senza dubbio la "tristezza" che quella solitudine crea durante la lettura.
Mario, il protagonista umano della storia,  dopo aver vissuto sessantadue anni di vita anonima, piatta, senza un sussulto e senza uno stravaso ormonale adrenalinico, di cui quarantatre' lavorati nella stessa fabbrica, nello stesso ufficio e ricoperto sempre dalle stesse fatture e dalla stessa monotona contabilità e di cui trentasette convissuti con la stessa donna e moglie con cui non riesce ad avere un colloquio ed una complicità degne di una vita di coppia e di cui ancora si interroga se è mai stato innamorato, si accorge di quanto la sua esistenza sia vuota. Vuota di tutto, di sentimenti, di amore, di amici e di nemici, di storie vissute e di esperienze, vuota anche di ricordi che solo in pochissimi casi riescono a farlo pensare ed a rimpiangere una infanzia vuota anche lei.
Così dopo una disgrazia familiare inizia un percorso di vita fuori dalla sua città e si accorge di quanto il mondo che lo circonda, sia diverso dal mondo dove ha vissuto fino ad allora. Ma queste esperienze, vissute oramai in età matura (?) non fanno altro che risvegliare in lui dei desideri di autodistruzione pura e che sfoceranno poi, in ultimo istante, ad un finale inatteso, un finale, comunque, non da lui, ma che da uno come lui ci si può sempre aspettare.
E' un romanzo interessante che, ripeto, risveglia la tristezza che è in noi, la fa uscire allo scoperto, la strappa fuori dagli animi anche dei più ottimisti e ci giustifica o, per meglio dire, ci spiega certi meccanismi mentali che fanno dire alle persone dello stesso pianerottolo del carnefice di turno "era una gran brava persona, un lavoratore come pochi".
Buona lettura
Luca
Castelfiorentino 03 Settembre 2012

Vi suggerisco questa canzone indimenticabile, un SanRemo vecchio, e anche molto triste.....

http://www.youtube.com/watch?v=UPgxnV5-lc4

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