19 settembre 2012

Mi sembrava corretto leggere anche il vincitore dello "Strega" dell'anno scorso, non solo perchè Pratese, dunque toscanaccio, ma anche perchè dotato di una scrittura di impatto, che arriva subito alle corde e le fa vibrare, e le mie le ha fatte vibrare senza alcuna sosta.
Non lo definirei un vero e proprio romanzo ma una via di mezzo fra un romanzo, una biografia familiare ed un saggio di economia moderna.
Quest'ultimo non vi tragga in inganno, non si tratta di quei noiosi trattati accademici di luminari sconosciuti ai più, o magari professori in qualche sperduta università europea che realmente non sa distinguere l'IRPEF dall'ILOR o dall'IRAP, si confonde con l'IMU e si impappina con l'IVA.
Il Nesi sa di cosa parla perchè lui ha vissuto, ha lavorato nella fabbrica del babbo, l'ha conosciuta, l'ha annusata ed alla fine ha anche capito in che razza di mondo era destinato a lavorare ed in tempo, molto in tempo, ha preso la decisione ultima di vendere tutto e di ritirarsi a vita di solo scrittore.
In questo libro il Nesi parla proprio delle origini della sua azienda tessile in quel di Prato, l'evoluzione durante il boom economico che avrebbe arricchito tutti, belli e brutti capaci ed incapaci. Parla dell'evoluzione dell'economia, di mercato globale, di come un popolo possa vivere in condizioni disumane nel nostro territorio, contravvenendo a tutte le più elementari leggi di welfare lavorativo, che tanto sudore hanno versato i nostri predecessori per ottenerle e di come possano, in questo modo, creare un tale imbarbarimento, crisi economica e povertà da far rabbrividire. Una guerra tra poveri che poteva avere come conseguenza solo quello che noi, attualmente, abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.
Ci racconta di come, con un colpo di genio, paragonandosi ad un CassandraPuntoDue, versione moderna della più nota premonitrice antica, abbia avvertito una crisi mondiale in arrivo, proprio come gli animali sentono i terremoti in avvicinamento, e che ha portato lui e la sua famiglia alla decisione più importante e dolorosa, cioè quella di vendere tutto e di non rischiare quello che dopo tanti anni erano riusciti a conquistare.
Una analisi dolorosa, sicuramente, che mi ha risvegliato e ricordato antichi disastri familiari. 
Processi dolorosi di vita e di cammino che sono rimasti scolpiti indelebilmente sulla mia pelle e che, al contrario dei tatuaggi, non si vedono. Si sentono solamente.
Luca
Diciannove Settembre Duemiladodici

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