Sprofondare insieme fino all’estremo limite dell’abisso
I
complici è il primo romanzo di Georges Simenon che leggo e mi dispiace
non averlo scoperto prima, tanto ero condizionata dall’immagine
televisiva del Commissario Maigret.
I romanzi con i commissari non mi
stimolano più di tanto, non mi sono mai piaciuti molto. Anche se per
qualcuno, quella che sto per dire sarà una sottigliezza – una questione
di lingua o di colore (intendo il colore giallo o nero della copertina) –
per me non lo è affatto: alla ricostruzione dei fatti, ho sempre
preferito l’atmosfera noir dei momenti che precedono la tragedia. Una
tragedia inaspettata che accade e travolge la vita e il destino di
persone normali che vivono una vita ordinaria senza alti né bassi,
ignari del fatto che stanno per attraversare una soglia che
li condurrà, inevitabilmente, verso un baratro. E quando poi se ne
accorgeranno, saranno ben oltre, in caduta libera direzione abisso.
E in caduta libera è Joseph Lambert, il protagonista, dalla coscienza sporca che tenta di nascondere pure a se stesso l’incubo e il senso di colpa che lo tormenta.
Joseph Lambert è un imprenditore,
un borghese di provincia, stanco della moglie e un gran donnaiolo, ha una relazione con la sua segretaria-amante: Edmonde Pampin, diventata sua complice dalla sera in cui, guidando a zig zag con la mano destra fra le cosce di lei, sente il clacson di un pullman che sta riportando a Parigi i bambini di una colonia estiva. Lui – con l’auto piazzata in mezzo alla carreggiata, sotto la pioggia sferzante – sterza cercando di raddrizzare la Citroen, ma non ci riesce, l’asfalto è scivoloso. Il pullman che procede a gran velocità riesce a passare lo stesso.
I due non si voltano, nella loro freddezza vanno avanti; non si fermano,neppure quando lo specchietto retrovisore rimanda la scena del pullman che si schianta contro un muro in un rogo mostruoso.
E in caduta libera è Joseph Lambert, il protagonista, dalla coscienza sporca che tenta di nascondere pure a se stesso l’incubo e il senso di colpa che lo tormenta.
Joseph Lambert è un imprenditore,
un borghese di provincia, stanco della moglie e un gran donnaiolo, ha una relazione con la sua segretaria-amante: Edmonde Pampin, diventata sua complice dalla sera in cui, guidando a zig zag con la mano destra fra le cosce di lei, sente il clacson di un pullman che sta riportando a Parigi i bambini di una colonia estiva. Lui – con l’auto piazzata in mezzo alla carreggiata, sotto la pioggia sferzante – sterza cercando di raddrizzare la Citroen, ma non ci riesce, l’asfalto è scivoloso. Il pullman che procede a gran velocità riesce a passare lo stesso.
I due non si voltano, nella loro freddezza vanno avanti; non si fermano,neppure quando lo specchietto retrovisore rimanda la scena del pullman che si schianta contro un muro in un rogo mostruoso.
Edmonde rappresenta per Joseph la via di fuga dalla sua quotidianità.
Il rapporto di intimità instaurato tra loro non è dato solo dal piacere carnale, fisico, immediato. Joseph crede di aver trovato nella ragazza “ciò che aveva sempre cercato per tutta la vita” e che nessuno, né la famiglia, né la moglie Nicole, gli aveva mai dato.
“Il gioco segreto tra i due aveva le sue regole, i suoi segnali, i suoi riti consacrati”.
Dice il narratore: “Non erano innamorati,ma solamente complici in un mondo diverso, e quel mondo assomigliava più a quello dell’infanzia che non a un mondo maledetto”.
Con lei desidera sprofondare fino all’estremo limite dell’abisso, ha fame di lei, del suo sesso e delle fasi misteriose del suo piacere (p 129), gli resta solo questo, quello che era un loro diritto, prendere il volo, saltare in un’altra dimensione (p 132).
Il rapporto di intimità instaurato tra loro non è dato solo dal piacere carnale, fisico, immediato. Joseph crede di aver trovato nella ragazza “ciò che aveva sempre cercato per tutta la vita” e che nessuno, né la famiglia, né la moglie Nicole, gli aveva mai dato.
“Il gioco segreto tra i due aveva le sue regole, i suoi segnali, i suoi riti consacrati”.
Dice il narratore: “Non erano innamorati,ma solamente complici in un mondo diverso, e quel mondo assomigliava più a quello dell’infanzia che non a un mondo maledetto”.
Con lei desidera sprofondare fino all’estremo limite dell’abisso, ha fame di lei, del suo sesso e delle fasi misteriose del suo piacere (p 129), gli resta solo questo, quello che era un loro diritto, prendere il volo, saltare in un’altra dimensione (p 132).
© Marzia Pasticcini
Certaldo, 28 gennaio 2013
Certaldo, 28 gennaio 2013
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