4 agosto 2012

La mia adolescenza è trascorsa al ritmo musicale di tre grandi artisti nel panorama italiano e mondiale. Renato Zero, Bruce "The Boss" Springsteen e Edoardo Bennato. Quest'ultimo era il mio vero idolo, avevo tutti i suoi album e sapevo tutte le sue canzoni a memoria. Da "Non farti cadere le braccia" a "Juke Box", passando da "Sono solo canzonette" per traguardare a "Capitan Uncino". Ma una sua canzone era il vero cult, il momento magico in cui ai concerti, ed io ne ho visti almeno quattro, migliaia e migliaia di accendini si levavano al cielo sventolando la propria esistenza. Quel momento iniziava con le note de "L'isola che non c'è".
Così quando la bibliotecaria amica mia, dopo una chiaccherata informale nella sua prigione in Castello Alto, mi disse che mi aveva prenotato un libro che chissà per quale motivo le era entrato in testa per una strana associazione di idee, io lì per lì non capii.
Dopo circa una settimana passai a ritirarlo per la lettura. Un libricino di appena centotrenta pagine scritte larghissime e con caratteri cubitali, da leggere tranquillamente in attesa che la pastasciutta sia pronta nel piatto.
Si parla di un posto meraviglioso, che purtroppo esiste solo nella mente di chi scrive. Un posto straordinario dove le persone lavorano solo tre ore al giorno ma che si stanno atrezzando per arrivare a due. Non esistono ladri, nè assassini. I politici sono volontari e sono tutti proiettati al bene ultimo, una qualità di vita buona per tutti. Chi vuole fare l'amore mette un fiore azzurro all'occhiello della giacchetta così che tutto viene facilitato.
Non esistono furberie, spavalderie e carognate. I bambini non studiano ma imparano ed i vecchi dopo sessant'anni hanno pasti gratis e spese azzerate. Tutto si basa sulla prova provata che l'uomo felice produce di più. Insomma un'isola che non c'è, che non si trova, che nessuno riesce a costruire. Un isola di cui Edoardo Bennato però ci indica la strada. Basta volare come "Il gabbiano Jonathan Livingstone" e svoltare alla seconda stella a destra.

2 commenti:

  1. Senza togliere niente alla nostra comune amica bibliotecaria, straordinaria, permettimi di dirlo, ma non te lo avevo suggerito anche io questo libro?
    Non ti avevo raccontato di averlo conosciuto Silvano Agosti, a casa di Primo Poli.
    Chiedi alla nostra bibliotecaria se lo conosce.
    Silvano Agosti mi regalò personalmente uno dei più bei romanzi mai scritti: il suo "Uova di Garofano" dal quale aveva fatto anche il film che fu proiettato all'epoca al compianto Cinema Boccaccio.

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  2. mmmmmhhhhhh...ora che mi ci fai pensare...si...mi sembra di ricordare qualcosa....

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